Neo Mamme

MATERNITA’ , PATERNITA’ GENITORIALITA’

Arriva il bebè: i diritti di mamma e papà Quando l’handicap è di casa a cura della Direzione centrale risorse umane Inpdap

INDICE

Capitolo primo / Dalla maternità alla genitorialità

Un po’ di storia

Capitolo secondo / Prima, durante e dopo il parto

Controlli prenatali

Congedo di maternità

Congedo di paternità

Genitori adottivi e affidatari

Capitolo terzo / Si prolunga l’assenza

Congedi parentali La busta paga

Capitolo quarto / Si torna al lavoro

Riposi giornalieri

Malattia del figlio

Capitolo quinto / Figli con handicap grave

Assenze più ampie

Congedo di due anni

Le fonti di riferimento

Capitolo primo

DALLA MATERNITA’ ALLA GENITORIALITA’

Nell’ultimo decennio la normativa posta a fondamento delle esigenze di tutela della maternità e dell’infanzia ha conosciuto rilevanti modifiche con le quali il legislatore ha inteso valorizzare gli interessi relazionali ed affettivi del bambino, nonché creare le condizioni idonee ad un’effettiva conciliazione tra il diritto alla maternità e il diritto al lavoro. Dopo le leggi “storiche”, la legge n. 1204/1971 e la legge n. 903/1977, un ampliamento delle tutele relative alla maternità e paternità si è realizzato con la legge 8 marzo 2000 n. 53 recante “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”. Tale disposizione legislativa ha destinato la prima parte a riformare gli ambiti delle astensioni dal lavoro ed ha affiancato al sistema di tutela, rigido e garantista tipico della normativa in materia di lavoro degli anni ‘60- ‘70, ma limitato quanto ai soggetti beneficiari, solo le lavoratrici subordinate, e quanto a durata nel tempo, un sistema più flessibile e orientato alla redistribuzione dei ruoli familiari. La legge n. 53/2000 ha delegato il Governo ad emanare un Testo unico per il riordino delle disposizioni normative vigenti in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, allo scopo di dare organicità e sistematicità alle norme già vigenti, delega attuata con il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”, successivamente integrato dalle disposizioni correttive del decreto legislativo 23 aprile 2003 n. 115. Con il Testo unico sono state riunite e coordinate tra loro le disposizioni vigenti in materia e apportate, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie a garantire la coerenza logica e sistematica, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo. Con tale norma si pone in essere l’effettiva parità di trattamento tra madre lavoratrice e padre lavoratore nella cura dei figli, si favorisce la ricerca di un equilibrio dei tempi di lavoro e di attenzione alla famiglia negli anni dell’infanzia del bambino e si riconosce protezione ai diritti sia delle lavoratrici madri sia dei lavoratori padri. A quest’ultimi la legge attribuisce benefici propri, non derivanti cioè dal mancato esercizio delle prerogative accordate alla madre: entrambi i genitori possono infatti godere della tutela alternativamente e, in alcuni casi, anche contemporaneamente. La tutela della paternità rappresenta un’importante innovazione, consiste essenzialmente nel riconoscere al padre lavoratore alcuni importanti diritti correlati alla cura dei figli, accantonando in un angolo l’idea tradizionale che la cura dei figli e le attività familiari siano compiti esclusivi della madre, anche se lavora. La tutela riconosciuta al padre non può interpretarsi come “tutela della madre” e della sua attività lavorativa, considerato che quello che merita prioritaria attenzione è l’interesse del bambino e il suo sviluppo psico-fisico. E’ infatti direttamente in funzione di tale interesse primario la tutela del padre e della madre in quanto genitori, il cui diritto è quello di poter svolgere il loro ruolo naturale dentro il nucleo familiare in armonia con quello professionale. La struttura del Testo unico ordina e disciplina ciascun congedo: di maternità, di paternità, parentale, per la cura dei figli, oltre ai permessi ed ai riposi. Si riepilogano brevemente gli istituti giuridici di particolare interesse.

Capitolo secondo

PRIMA, DURANTE E DOPO IL PARTO

Controlli prenatali 

La lavoratrice gestante ha diritto a permessi retribuiti per effettuare esami prenatali, accertamenti clinici e visite specialistiche, nel caso in cui questi debbano essere eseguiti durante l’orario di lavoro ( va presentata apposita domanda all’ufficio di appartenenza e idonea documentazione giustificativa attestante la data e l’orario di effettuazione degli esami). 

 I permessi sono da considerarsi aggiuntivi rispetto a quelli previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto.

Congedo di maternità

La lavoratrice ha l’obbligo di assentarsi dal lavoro nei seguenti periodi.  Due mesi prima della data presunta del parto indicata nel certificato medico da presentare all’ufficio di appartenenza prima dell’inizio del periodo di divieto.  Per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto, nel caso in cui il parto avvenga in data successiva a quella inizialmente presunta.  La lavoratrice può optare per una distribuzione “flessibile” del congedo di maternità, fermo restando la durata complessiva dello stesso, assentandosi dal lavoro un mese prima della data presunta del parto e quattro mesi dopo il parto stesso, a condizione che il ginecologo del Servizio sanitario nazionale (o con esso convenzionato), e il medico competente alla tutela della salute sui luoghi di lavoro, attestino che la permanenza al lavoro nel corso dell’ottavo mese di gravidanza non rechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.

Tre mesi dopo il parto, oppure quattro se ha esercitatol’opzione di cui al punto precedente. 

Durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, se il parto è avvenuto in data anticipata rispetto a quella presunta; tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto (vedi box). 

Se il figlio nato prematuro ha necessità di un periodo di degenza presso una struttura ospedaliera pubblica o privata, la madre ha facoltà di chiedere che il restante periodo di congedo obbligatorio post-parto e il periodo ante-parto non fruito possano decorrere in tutto o in parte dalla data di effettivo rientro a casa del figlio. E’ necessario produrre idonea certificazione medica che attesti che le condizioni di salute della lavoratrice consentano il rientro al lavoro. 

Il periodo di astensione dal lavoro può essere anticipato, previo accertamento medico, per la durata (per periodi anche frazionabili) fissata dal Servizio ispettivo della Direzione provinciale del lavoro (interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza). L’interdizione anticipata è equiparata, sotto tutti i profili, al congedo di maternità ante partum. 

Il trattamento economico spettante prevede la corresponsione dell’intera retribuzione fissa mensile nonché le quote di salario accessorio.

Congedo di paternità 

Il diritto al congedo di maternità, di cui è naturale destinataria la madre, si estende per il periodo post-parto al lavoratore padre, che ne ha diritto in alternativa alla madre, per tutta la durata spettante a quest’ultima o per la parte residua, solamente in tre ipotesi tassativamente previste: 1 - morte o grave infermità della madre, 2 - abbandono del bambino da parte della madre, 3 - affidamento del bambino al padre in via esclusiva.

Genitori adottivi e affidatari 

Il trattamento dei genitori adottivi ed affidatari, a seguito dell’entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007 n. 244, è stato equiparato a quello dei genitori naturali per quanto riguarda i congedi di maternità, paternità e parentali a prescindere dall’età del bambino adottato o in affido. Specifiche indicazioni normative ed applicative sono state emanate dalla Direzione centrale risorse umane con circolare del 7 luglio 2008 n. 12. Il genitore adottivo ha diritto: 1 – in caso di adozione nazionale = all’astensione obbligatoria per i cinque mesi successivi all’effettivo ingresso in famiglia del bambino, 2 - in caso di adozione internazionale = all’astensione obbligatoria per i cinque mesi successivi all’ingresso in famiglia del bambino Nel caso di affidamento temporaneo = il congedo è riconosciuto per il massimo di tre mesi, entro i cinque mesi dall’affidamento.

Capitolo terzo

SI PROLUNGA L’ASSENZA

Congedi parentali 

Ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro, per ogni bambino, nei suoi primi otto anni di vita, per un massimo di sei mesi(anche contemporaneamente). 

In caso di parto gemellare o plurigemellare, ciascun genitore ha diritto di utilizzare per ogni nato il numero di mesi di congedo parentale previsti per ciascun figlio. 

I congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi. Limite elevato a undici, nel caso in cui il padre lavoratore fruisca del congedo parentale per un periodo, continuativo o frazionato, di almeno tre mesi. In tale circostanza il suo congedo massimo è elevato a sette mesi e quello complessivo tra i due genitori è elevato ad undici mesi.

Nell’ambito del limite previsto, il diritto di astenersi dal lavoro compete: - alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità per un periodo continuativo o frazionato di sei mesi; - al padre lavoratore, sin dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette quando egli eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per almeno tre mesi; - qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi. La condizione di genitore solo si verifica per:

1) la morte dell’altro genitore,

2) l’abbandono del figlio,

3) l’affidamento esclusivo del figlio a un solo genitore,

4) negato riconoscimento del figlio da parte di un genitore. 

Il congedo è frazionabile, ed in tale circostanza i diversi periodi di assenza devono essere intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice. Il diritto al congedo è riconosciuto indipendentemente dalla posizione lavorativa dell’altro genitore (es. madre casalinga).  Uno dei limiti posti al godimento del diritto ha natura procedurale e consiste nel dare al datore di lavoro un preavviso di almeno 15 giorni, salvo casi di oggettiva impossibilità.

La busta paga 

Il trattamento economico spetta nelle seguenti misure: a) 100% della retribuzione per i primi 30 giorni, nell’ambito del periodo massimo di sei mesi, fruito da entrambi i genitori, entro il terzo anno di vita del bambino; b) 30% della retribuzione per i successivi cinque mesi, senza vincoli di reddito, entro i primi tre anni di vita del bambino; c) per gli ulteriori periodi (oltre il sesto mese) e comunque per i periodi successivi al terzo anno di vita del bambino: 30% della retribuzione se il reddito del richiedente non è superiore a 2,5 volte l’importo della pensione minima Inps (definita anno per anno); se il reddito è superiore il richiedente ha diritto al congedo parentale ma non al trattamento economico; d) se il congedo parentale viene fruito per la prima volta dopo il compimento del terzo anno di vita del bambino, il 100% della retribuzione per il primo mese può essere riconosciuto solo se sussistono le condizioni di reddito di cui alla precedente lett. c). e) Gli ulteriori mesi riconoscibili al “genitore solo” dopo il sesto mese (quindi dal settimo al decimo, anche se fruiti entro il terzo anno) possono essere retribuiti nella misura del 30% a condizione che sussistano i requisiti di reddito in precedenza indicati. 

Solo i periodi di congedo parentale retribuiti al 100% sono utili ai fini della maturazione delle ferie.

Maternità fuori del rapporto di lavoro

E’ prevista la possibilità di valorizzare i periodi corrispondenti al congedo di maternità e congedo parentale intervenuti al di fuori del rapporto di lavoro, ai fini del diritto e della misura della pensione.E’richiesto il requisito di cinque anni di contribuzione effettiva da far valere all’atto della domanda presentata per il riconoscimento dei periodi.

Capitolo quarto

SI TORNA AL LAVORO

Riposi giornalieri 

Nel primo anno di vita del bambino la lavoratrice madre ha diritto a due ore di riposo giornaliero (se l’orario di lavoro è pari o superiore a sei ore) o un’ora al giorno (se l’orario di lavoro è inferiore alle sei ore giornaliere). 

Il padre può sostituirsi alla madre, fino ad un anno di età del figlio, nelle ipotesi tassativamente previste: - nel caso in cui i figli siano affidati solo al padre; - in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; - nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente; - in caso di morte o grave infermità della madre. 

Il numero delle ore spettanti al padre (due o una) è determinato in relazione al suo orario di lavoro. 

Una recente interpretazione giurisprudenziale, condivisa dal Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, riconosce i riposi al lavoratore padre anche nell’ipotesi in cui la madre “casalinga” sia “impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato”.

Il padre lavoratore non può fruire dei riposi giornalieri nello stesso periodo in cui la madre lavoratrice si avvale del congedo di maternità o del congedo parentale. 

Nell’ipotesi di parto plurimo i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive possono essere utilizzate anche dal padre lavoratore. 

Le disposizioni in materia di riposi giornalieri si applicano anche in caso di adozione e di affidamento entro il primo anno dall’ingresso del minore nella famiglia. 

I riposi giornalieri sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione.

Malattie del figlio 

Entrambi i genitori, alternativamente, possono astenersi dal lavoro durante le malattie di ciascun figlio fino a tre anni di età.

Per le malattie del figlio di età compresa tra i tre e gli otto anni, ciascun genitore, alternativamente, ha diritto di astenersi dal lavoro nel limite di cinque giorni lavorativi all’anno.

Il congedo spetta al genitore richiedente anche se l’altro genitore non ne ha diritto. 

Per la fruizione dei congedi per la malattia del figlio il genitore deve presentare: 1) il certificato medico rilasciato da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato, 2) una dichiarazione attestante che l’altro genitore non sia in congedo negli stessi giorni per il medesimo motivo. 

Nel caso di fruizione frazionata i diversi periodi di assenza devono essere intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice. 

Nei casi di fruizione dei congedi per malattia del figlio non trovano applicazione le disposizioni legali e contrattuali sul controllo della malattia del lavoratore. In altri termini non si possono richiedere visite mediche di controllo sul lavoratore, in quanto l’ammalato è un bambino che non è parte del rapporto di lavoro.

La busta paga

Il trattamento economico spetta per: a) i primi trenta giorni, fruibili dopo aver esaurito il congedo di maternità e calcolati complessivamente per entrambi i genitori, sono retribuiti per intero; i trenta giorni retribuiti spettano per ogni anno di vita del bambino e fino al compimento del terzo anno; solo tali periodi comportano la maturazione delle ferie. Il trattamento economico non spetta per: b) i periodi di congedo per malattia del bambino successivi ai primi trenta giorni, c) per i congedi di cinque giorni lavorativi all’anno utilizzabili per le malattie del figlio di età compresa tra i tre e gli otto anni.

Capitolo quinto

FIGLI CON HANDICAP GRAVE

Alcune agevolazioni sono previste per i figli portatori di handicap grave.

Assenze più ampie 

Prolungamento del periodo di congedo parentale fino al compimento del terzo anno di età del bambino portatore di handicap: a) in situazione di gravità, accertata ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, b) non ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati. 

In alternativa al prolungamento del congedo parentale, due ore di riposo giornaliero retribuito (un’ora se l’orario di lavoro è inferiore alle sei ore) fino al compimento del terzo anno di età del bambino non ricoverato.

Dal compimento del terzo anno di età del bambino la lavoratrice madre, o in alternativa il padre lavoratore, hanno diritto a tre giorni di permesso retribuito al mese, in maniera frazionata o continuativa, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno.

Congedo di due anni 

Un congedo retribuito della durata massima di due anni nell’arco della vita lavorativa finalizzato alla cura e all’assistenza del figlio, anche maggiorenne, affetto da handicap in situazione di gravità non ricoverato a tempo pieno presso strutture specializzate. I due anni sono il limite massimo complessivo di congedo straordinario riconoscibile agli interessati in relazione al singolo portatore di handicap grave. 

I periodi di congedo straordinario retribuito rientrano nel limite massimo globale spettante a ciascun lavoratore (vedi art. 4, comma 2, legge 53/2000) di due anni di permesso non retribuito per “gravi e documentati motivi familiari”. I periodi eventualmente già fruiti dal dipendente a tale titolo devono perciò essere detratti dai due anni previsti per il congedo straordinario retribuito. 

Il congedo spetta ad un genitore anche quando l’altro genitore non ne ha diritto. 

I periodi di congedo possono essere fruiti in modo frazionato; in tal caso tra un periodo e l’altro è necessaria l’effettiva ripresa del lavoro. 

Durante i periodi di congedo spetta un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione mensile percepita ed il periodo è coperto da contribuzione figurativa. L’indennità e la contribuzione figurativa spettano fino ad un importo complessivo massimo, per il 2009, di € 43.276,13. I periodi di congedo non entrano nel calcolo della tredicesima mensilità e delle ferie.

LE FONTI DI RIFERIMENTO

Legislazione

Legge 5 febbraio 1992 n. 104 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” . Legge 8 marzo 2000 n. 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”. Decreto legislativo 26 marzo 2001 n. 151 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a normadell’articolo15dellalegge8marzo2000,n.53”. Decreto legislativo 23 aprile 2003 n. 115 “Modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, re canteTesto unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53”. Decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 “Disposizioni urgenti perlo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria” convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133. Decreto legge 1 luglio 2009 n. 78 “Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali” convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009 n. 102.

Circolari ed informative Inpdap

Circolare 29 maggio 2000 n. 24 Circolare 10 luglio 2000 n. 34 Circolare 10 luglio 2000 n. 35 Circolare 27 novembre 2000 n. 49 Circolare 3 agosto 2001 n. 33 Circolare 10 gennaio 2002 n. 2 Informativa 25 ottobre 2002 n. 22 Informativa 29 ottobre 2002 n. 24 Informativa 9 dicembre 2002 n. 33 Informativa 28 febbraio 2003 n. 8 Informativa 11 marzo 2003 n. 15 Informativa 21 luglio 2003 n. 30 Circolare 7 luglio 2008 n. 12 Circolare 10 ottobre 2008 n. 14 Nota informativa 13 marzo 2009 prot. n. 279/PE Nota informativa 23 giugno 2009 prot. n. 602/PE Nota informativa 13 luglio 2009 prot. n. 609/PE

Circolari ministeriali

Dipartimento della Funzione Pubblica – Circolare 16 novembre 2000 n. 14 Ministero del Lavoro – Circolare 7 luglio 2000 n. 43

Contratti Collettivi nazionali di lavoro

CCNL ad integrazione del CCNL per il personale non dirigente degli Enti pubblici non economici (16/02/1999), sottoscritto in data 14 febbraio 2001. CCNL per il quadriennio normativo 2002 – 2005 e per il biennio economico 2002 – 2003 relativo all’area VI della dirigenza.